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Sanremo: Rivoluzione o Restaurazione? – di Carla Graduata

da Cosimo Saracino
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#BuongiornoSanremo

Solo qualche giorno fa, il Parlamento ha rieletto Presidente della Repubblica l’uscente Sergio Mattarella: l’Italia non è decisamente pronta (e forse non lo sarà mai!) per la rivoluzione.
La conduzione del Festival di Sanremo non fa eccezione e sul palco dell’Ariston torna, per il terzo anno consecutivo, l’ecumenico AMADEUS, accompagnato anche questa volta da uno straordinario FIORELLO che continua a farci ridere di cuore, riuscendo ad ironizzare finanche sui NoVax senza farli arrabbiare.
Tutto uguale, dunque?
No, rispetto all’anno scorso, la vera novità la ritroviamo sulle sedie dell’Ariston, dove ricompaiono esseri umani in carne ed ossa.
Vederli tutti insieme, assembrati, elegantissimi ed anche un po’ incartapecoriti, con gli zigomi ed i nasi rifatti nascosti dietro le grandi mascherine, fa più impressione dei palloncini dello scorso anno: sono vivi? respirano? ridono? piangono?
E noi?
Siamo vivi? Respiriamo? Ridiamo? Piangiamo?
Ma, soprattutto: se l’anno prossimo toglieremo le maschere, cosa sarà rimasto di noi?

📍CONDUTTRICE
Ornella Muti è bona e vegeta.
Ha 66 anni ed il mio vicino di casa, che dalla scorsa estate non è più single, quest’anno non può commentare come vorrebbe. Ma davanti al ricordo di Ornella Muti, che ne “Il bisbetico domato” faceva perdere la testa ad Adriano Celentano, esplode in un: <>.
Il viso della Muti è deturpato dal silicone e stravolto dalle lenti “a culo di bottiglia”, ma la sua eleganza è immutata. Il suo fisico perfetto.
Anche lei tenta una sua piccolissima rivoluzione, preferendo Francesco Scognamiglio ad Armani e non sbaglia.
La voce da fumatrice incallita che graffia è la sonorità più erotica della serata.

📍SUPEROSPITI
I Maneskin VINCONO ANCHE IL FESTIVAL DI SANREMO 2022. Da un Mattarella bis ad un Maneskin bis è un attimo.
Possono piacere o meno, ma un minimo di “rivoluzione” su quel palco l’hanno portata per due anni di seguito.
E non per le camicie sbottonate, il trucco da donna, i tacchi a spillo o i fiori sulle giacche, ma perché con la liricità dei loro testi hanno conquistato i ragazzi (“Damiano, patrimonio dell’umanità” ci dice la dolcissima, giovane Sophie) ed hanno fatto avvicinare anche il pubblico più adulto al rock, forse un rock annacquato, ma sempre rock.
Stasera non si smentiscono: prima “sono fuori di testa” e poi si emozionano e ci emozionano cantando il dolore della storia senza lieto fine di Coraline. Quando Damiano si commuove in diretta TV tutti i miei gruppi whatsapp impazziscono.

📍OSPITI
E’ più bono il tennista Berrettini in persona, il padre del tennista Berrettini o il fratello del tennista Berrettini?
Voglio il guardaroba di Orietta Berti: i suoi cappelli, le sue casacche, le sue scarpe e il suo coraggio.
Bellissimo il ritmo dei Meduza anche se è mezzanotte e l’abbiocco inizia a farsi sentire.
Roul Bova si conferma belloccio ed attore cane (e chiedo scusa ai cani): entrerà nel cast di Don Matteo.
Nino Frassica mi fa ridere da trent’anni, dai tempi di Indietro Tutta di Renzo Arbore.

📍CANZONI IN GARA:
Nel 2021 ci eravamo lamentati che in tutti i testi (tranne in quello dei Maneskin), i cantanti si guardavano l’ombelico: cuori spezzati, tragedie d’amore, nuovi flirt.
Quest’anno, invece, molti autori hanno provato ad alzare la testa: si balla, si fa futuro, si spera. Tutti hanno voglia di ripartire.
Sia chiaro, non ci sono i versi di Franco Battiato (scomparso a maggio del 2021 e ricordato, ahimè!, dall’Orchestra solo a mezzanotte e 42!), ma va apprezzato lo sforzo di uscire dal trittico “sole-cuore-amore”.
Quello che colpisce è che gli spiragli di rivoluzione arrivino più dai “padri” che dai “figli” della canzone italiana.
I “giovani” del Festival sono quasi tutti creature reclutate, inventate, plasmate, partorite da Santamariadefilippi da Mediaset che li vuole bellocci, teneroni, “allineati e coperti”.
Ma la rivoluzione non la dovrebbero fare loro, i più giovani?

  1. Achille Lauro.
    Achille mio, lo scorso anno ti ho difeso contro tutto e tutti, ma funzioni meglio come PERFORMER che come cantante. Vi siete messi in sette per partorire il verso <> che altro non è se non la brutta copia dell’originale <>. Canzoncina che ricorda tutte le altre. Emma, 5 anni ha chiosato: “Questa canzone io la conosco”. Però, nudo sul palco, esponi un “lavaturo” niente male.
  2. Yuman.
    Viene da Sanremo Giovani e ci sbatte in faccia la sua rinascita che vorremmo fosse anche un po’ la nostra: <>. Restaurazione pura.
  3. Noemi.
    Quant’è dimagrita! Io, invece, sono ingrassata e, quindi, non riesco a concentrarmi sulla canzone, ma solo sul suo ventre piatto. Vorrei chiederle la dieta e poi vorrei che Lei la facesse per me.
  4. Gianni Morandi.
    ALT! Fermi tutti!
    Qualcuno lo chiamerebbe il “solone” della canzone italiana, ma Gianni Morandi non si tocca. E’ come la Montblanc posata con cura sulla scrivania dell’Avvocato, che se provi a sfiorarla ti arriva una bacchettata sulla mano.
    Gianni Morandi è la Storia e, come tale, va ascoltato e rispettato. Quest’anno, poi, Jovanotti gli ha regalato un testo fresco e primaverile, più originale di quelli di tanti giovani in gara. “Apri tutte le porte!” è un manifesto POP di Resistenza Moderna: bisogna opporsi all’inerzia, aprire tutte le porte, giocarsi tutte le carte ed eliminare le abitudini.
    Ascoltarla ti fa venire voglia di andare ad occupare la sede del PD, buttando Letta giù dal divano in pelle, fintamente rossa, strappandogli di dosso quella maledetta giacca grigia.
    (Particolarità –> Nel 1956, il Festival di Sanremo fu vinto da Franca Raimondi con “Aprite le finestre” che faceva così: <>. Almeno nella scrittura e nei testi, una piccola rivoluzione in tutti questi anni a Sanremo c’è stata!).
  5. La Rappresentante di Lista.
    Non so a quale Lista appartengano Veronica e Dario, ma li voterei comunque. Questi sono i giovani e i testi che mi piacciono. Tutta la loro poetica e gli ultimi anni della mia vita sono racchiusi in un solo verso: <>.
  6. Michele Bravi.
    Michele mio, alla tua età Antonio Gramsci aveva già scritto “Odio chi non parteggia. Odio gli indifferenti”. Tu, però, sei stato inventato da Santamariadefilippi da Mediaset e quindi, al più, riesci a cantare: <>
  7. Massimo Ranieri.
    E la voce? Qualcosa è andato storto stasera per il mitico Ranieri, ma almeno non gli è caduta la dentiera. Peccato perché la canzone non è male!
  8. Mahmood e Blanco.
    Un po’ sociopatici, un po’ asociali, non sanno esprimere a parole i loro sentimenti e quindi, Zorro e l’amico, cantano. Questa canzone la riascolteremo su tutte le radio e temo che la ritroveremo anche sul podio. Non l’ho capita: mi riservo di riascoltarla.
  9. Ana Mena.
    Ane ane, anamè (che tradotto in mesagnese dal leccese sarebbe “Camina, vabbandi!”).
    Cantante spagnola che si diletta in una canzoncina latineggiante ballabile. Ane ane, anamè: ci rivediamo ‘stestate sulle spiagge del Salento.
  10. Rkomi.
    Ma perché scelgono ‘sti nomi strani? E poi: l’amore paragonato ad un’automobile è una metafora simpatica come la forfora sulla giacca inamidata del signore in prima fila che continua a sorridere ignaro della figuraccia in mondo-visione.
  11. Dargen D’Amico.
    D’Amico non è amico del mio amico AndreadeAmico, ma è amico di Fedez (e quindi ha il televoto dalla sua!), ma comunque, come Andrea è capace di far ballare tutti, anche le signore incartapecorite con le loro tette finte, sedute in prima fila. La canzone più discotecara di tutta la serata fa riaffiorare i ricordi di quelle interminabili notti al Summer System: <>
  12. Giusy Ferreri.
    Giusy Ferreri, insieme a Takagi e Ketra, ci hanno fatto ballare per tutta l’estate e la canzone di stasera è altrettanto orecchiabile.

📍CLASSIFICA UFFICIALE
Tra tutte le cose che poteva rivoluzionare, Amadeus ha scelto l’unica che mi piaceva: ha eliminato i voti della Giuria Tecnica degli Orchestrali di Sanremo.
Quest’anno le canzoni saranno giudicate solo dai Giornalisti (carta stampata, radio e web) e dal Televoto da casa.
Muore la politica in Italia, muore il voto di qualità a Sanremo.
Evviva il qualunquismo, evviva la GGGgente.
Stasera per la Giuria sul podio ci sono:
3 posto DARGEN D’AMICO
2 posto LA RAPPRESENTANTE DI LISTA
1 posto MAHMOOD E BLANCO

📍MENZIONE D’ONORE
Anche quest’anno va a FIORELLO.
Amadeus esiste perché esiste Fiorello: il primo senza il secondo è inimmaginabile (ma è vero che Fiorello lascia il Festival? che responsabilità per il nostro Checco Zalone!)
La rivisitazione di tutte le canzoni tristi riarrangiate e rese allegre da Fiorello fa tornare voglia di normalità e felicità.
E’ spontaneamente allegro, umanamente simpatico, semplicemente esilarante.
Con #uncanoneèpersempre spiega l’importanza della Rai.
Alla fine della puntata ognuno di noi vorrebbe avere un piccolo Fiorello in tasca da usare nei momenti di sconforto.

📍MENZIONE D’ONORE DA CASA
Stasera la menzione d’onore da casa va alla mia collega e amica carissima Maria che è nata e cresciuta e vive a Parabita.
I bouquet di fiori offerti a tutti gli ospiti e cantanti del Festival 2022 sono stati confenzionati dal salentino Michele Platì, che è di Parabita.
A Sanremo, quindi, vince il Salento e piangono i ciclamini di Mesagne che, boccheggianti su Via Brindisi, chiedono giustizia: <>, gridano, sofferenti e malinconici, <


Prima di chiudere, non posso far finta di niente!
Mesagne, da lunedì, è tra le dieci finaliste del titolo CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA 2024. E’ tanto l’orgoglio (e l’emozione!) che, prima di scrivere questo pezzo, ho indossato il vestito lungo e le scarpe coi tacchi, ho rifatto il colore ai capelli e messo il rossetto: non si sa mai dovessi diventare famosa.
Per non montarmi la testa e sembrare troppo presuntuosa, prendo in prestito l’hashtag del succitato AndreadeAmico e lo faccio mio: #restoumile.
Ci tengo, comunque, a precisare che Mesagne rimane “il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti”. (cit. S.B.)

A domani.

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