È passato quasi un anno da quando, creando non pochi malumori a Palazzo Celestini, ci siamo occupati della gestione a dir poco allegra dei soldi pubblici utilizzati per l’elargizione dei cosiddetti “contributi straordinari” (troverete il link in calce al post). Breve recap: ci eravamo chiesti il perché, a fronte di un primo semestre del 2016 caratterizzato dalla dazione di circa 8 mila euro per soggetti (presuntivamente) in difficoltà, nel secondo semestre si fosse verificato un incremento della spesa del 300% con elargizione di ben 25 mila euro.
In mancanza di risposte ufficiali, ci siam dovuti accontentare di “musi lunghi”, minacce di querele ed accuse di “risentimento personale” del dimissionato Assessore Marchionna, esponente de La M, nei confronti della nuova assessora Catanzaro.
Si è da poco chiuso il 2017, l’assessora Catanzaro ha lasciato il posto all’Assessore Rubino e ci siamo chiesti se qualcosa fosse cambiato rispetto a quanto da noi lamentato. In effetti, non può che darsene atto, qualcosa è cambiato: in peggio, anzichenò.
Ad oggi la spesa per contributi straordinari è (udite udite) pari a quella dei contributi ordinari (cosa straordinariamente ordinaria a questo punto): non solo! È uguale persino alla spesa mensile per le Borse di Inclusione Sociale (le Borse lavoro), quelle sì utili per il reinserimento nel mercato del lavoro dei cittadini in difficoltà.
Ad oggi la spesa media mensile sostenuta per le predette attività si aggira attorno ai 21 mila euro al mese: 7 mila per contributi straordinari, 7 per quelli ordinari e 7 per le Borse Lavoro.
A conti fatti un aumento del 1000% rispetto al primo semestre del 2016 (8 mila euro in un semestre contro gli attuali 7 mila euro mensili), ma anche un aumento del 40% rispetto al già da noi contestato secondo semestre del 2016 (25 mila il secondo semestre del 2016 contro una media di 42 mila euro per ciascuno dei semestri del 2017).
Si potrebbe obiettare che i soldi spesi per il “sociale” siano sempre ben spesi: concordiamo, ma a patto che ci siano regole certe che escludano ogni forma di privilegio nei confronti di un cittadino a danno di un altro. Perché è bene chiarire che Mesagne – continuando ad essere unicum come Comune brindisino a riconoscere detto contributo – continua a non disciplinarne le modalità di erogazione; eppure, vista l’entità della spesa mensile, dovrebbe essere prioritario farlo.
Non possiamo che supporre che – al riguardo – manchi la volontà politica di chi è chiamato a governare la Città: dal Sindaco all’ultimo dei consiglieri comunali eletti.
Vien da se che, stando così le cose, non possiamo più accettare discorsi quali “dal Governo Monti in poi i soldi destinati ai Comuni per il welfare sono costantemente dimezzati” o “la difficoltà di riscossione da parte del Comune non ci consente di diminuire le tasse o allargare la spesa”: tutto vero, per carità, ma proprio perché vero, inutile richiamare la cittadinanza al senso civico se poi si è i primi a sperperare i soldi dei cittadini che con sangue, sudore e sacrifici pagano regolarmente le tasse.
Lo spreco (non ci permetteremo più di parlare di clientelismo, viste le tante anime candide che un anno fa si sono risentite) non è più accettabile, soprattutto in tempi in cui i nostri concittadini non arrivano a fine mese. Tamponare il disagio economico può anche andar bene nel breve periodo, ma poi ci vuole iniziativa ed idee su come gestire il welfare a Mesagne nel lungo periodo.
Ecco, il punto è proprio questo: non vediamo uno straccio di idea su come affrontare il tema della povertà e del disagio economico che – letteralmente – deprimono la Città intera. Anzi, nella gestione dei soldi sembra valere il vecchio detto: “A casa bruciata tamunci fuecu”.
Direttivo de La M.
Di seguito il link del nostro precedente intervento:
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