Dopo qualche anno di fermo, torna a riunirsi l’Osservatorio permanente della Legalità. Ieri sera nell’Auditorium del Castello i componenti (per la verità non tutti) hanno prima ascoltato la relazione del sindaco (che riportiamo integralmente a margine) e poi hanno fatto i loro interventi. A sollecitare la convocazione dell’organismo comunale è stata l’indigrazione di tutta la città verso il servizio giornalistico andato in onda qualche settimana addietro nel programma Speciale Tg1.
Gli interventi che si sono susseguiti, di grande spessore morale, hanno rappresentato da diverse angolazioni le emergenze del nostro territorio. Le parole del presidente dell’Associazione antiracket “Legalità e sicurezza”, Fabio Marini, hanno scosso i presenti: “Abbiamo la certezza della ripresa del fenomeno estorsivo – ha dichiarato Marini -. Ma scontiamo una difficoltà nel raccogliere le denunce dei commercianti per questo spesso ci chiediamo: quanto siamo Vittime e quanto invece complici?”
Dopo di lui il mondo della scuola, quello sindacale e gli imprenditori: commercianti, artigiani e agricoltori hanno raccontato dal loro punto di vista quali sono le nuove emergenze educative e criminali da prendere di petto. Gli agricoltori, poi, hanno lanciato un grido di allarme ai presenti poichè subiscono inermi ogni giorno furti nelle campagne non solo di attrezzi agricoli ma anche dei prodotti della terra che spesso vanno a finire sui banconi dei fruttivendoli illegali sparsi per tutta la città. Il primo cittadino ha accennato alla volontà di costituire un gruppo di lavoro più stretto all’interno dell’Osservatorio al fine di concretizzare iniziative e programma di coinvolgimento della città Idea che verrà discussa e votata nel prossimo incontro dell’organismo comunale. C.S.
RELAZIONE DEL SINDACO:
Questo organismo ha avuto nel tempo alterne fortune con periodi di massima attenzione che spesso coincidevano con momenti di recrudescenza dei fenomeni criminali alternati a periodi di lunga quiescenza in cui l’Osservatorio o non veniva convocato o non riusciva a riunirsi neanche nei termini minimi previsti dal regolamento. Questo dato di per se potrebbe portare a dedurre ingannevolmente che la tensione sociale ed istituzionale sul tema sia andata scemando nel tempo e che i presidi storici della legalità, faticosamente costruiti in città abbiano mollato pericolosamente la presa. Io credo che così non sia, credo che tutti continuino ad operare e a fare la loro parte anche se in autonomia ed in modo spesso disorganico
Continua l’attività ordinaria e straordinaria dell’associazione Libera Terra che coltiva i campi della legalità, che gestisce lodevolmente la masseria didattica “Li Canali” che continua ad organizzare i campi estivi della legalità, insieme ad ed eventi di grande valore simbolico. Fra questi voglio solo citare l’incontro del 1maggio con la presidente del senato sul tema del caporalato che forse ha in qualche modo accelerato l’iter parlamentare di approvazione della legge, le “giornate della memoria” con l’esposizione dell’auto di Falcone e l’incontro con i familiari delle vittime innocenti di mafia e della SCU.
Continua l’attività ordinaria di monitoraggio e assistenza dei fenomeni di estorsione ed usura da parte dell’associazione Antiraket.
Anche le scuole sono molto attive con la produzione dei PON dedicati alla legalità ed il sostegno fattivo a tutte le manifestazioni pubbliche che sul tema l’amministrazione riesce costantemente ad organizzare nelle giornate nazionali della legalità e del ricordo.
Voglio citare anche la meritoria attività dei LIONS che hanno organizzato quest’anno eventi di approfondimento significativi ospitando fra gli altri rappresenti storici del pool antimafia e della squadra mobile di Palermo.
Voglio ringraziare l’associazione “Di Vittorio” per aver rimesso l’accento sulla verità storica e criminologica del fenomeno SCU grazie alla presentazione del libro di Apollonio e alla testimonianza dei nostri magistrati antimafia.
Ma tutte le agenzie formative del territorio le parrocchie, le associazioni culturali e di volontariato, i movimenti politici e le forze sindacali non hanno mai smesso di portare il loro prezioso contributo per mantenere alta la coscienza civile sul tema.
Anche il comune naturalmente è fervidamente impegnato su questo fronte con una serie di iniziative che vanno nel solco di una tradizione consolidata ma che quest’anno ha centrato un obiettivo di grande valore simbolico con la sottoscrizione del protocollo d’intesa con altri comuni dell’ambito per una gestione condivisa dei beni confiscati sotto l’egida della Prefettura e l’alto patronato dell’associazione nazionale Libera di don Ciotti. Ci avviamo speriamo a breve ad assegnare un immobile confiscato per la realizzazione di un CAV (centro antiviolenza) mentre continuano le collaborazioni con le altre agenzie presenti sul territorio e le reti nazionali come Avviso Pubblico e l’associazione Libera. Per questo mi corre l’obbligo di ringraziare personalmente il Presidente del Consiglio avv. Semeraro e la dirigente dr.ssa Franco che per mia delega seguono direttamente questa materia.
Strettissimo e proficuo è il rapporto di collaborazione con le forze dell’ordine e la Prefettura. Particolare gratitudine esprimo qui ai rappresentanti delle forze dell’ordine che svolgono con altissima dedizione e senso del dovere il loro compito ma che molto si spendono anche per la diffusione della cultura della legalità nella nostra città.
Tutto ciò evidentemente non è bastato a farci salvi dalla tentazione mediatica di riproporre agli onori della cronaca nazionale Mesagne come città mafiosa e capitale della SCU secondo un teorema evidentemente congelato nel tempo che ci resterà appiccicato nei secoli in eterno come un marchio d’infamia indelebile. Il fatto sconcertante è che questa volta il servizio giornalistico mandato in onda dalla RAI non parte da un fatto di cronaca che ci riguarda, non c’è notizia di reato ma semplicemente l’esigenza di far quadrare il conto, di individuare banalmente gli epicentri geografici della complessa fenomenologia criminale individuando Platì come San Luca e Mesagne come Gomorra, compiendo così una banalizzazione della verità e della storia che ha inequivocabilmente attestato che le vicende mafiose, ndranghetista e sacrista sono completamente e strutturalmente differenti.
Questa vicenda ci ha profondamente indignato perché lascia un onta ed uno sfregio che vanifica in un solo momento tutti gli sforzi che stiamo mettendo in atto per affermare la nostra città come città dell’accoglienza, del turismo culturale, città dalle grandi possibilità di intrapresa e produce un danno gravissimo all’intero sistema economico oltre che all’immagine della nostra città. Ma evidentemente l’indignazione non basta e non fa salva la nostra coscienza dobbiamo interrogarci senza sconti perché se questo è potuto succedere, se questa è l’immagine che grossolanamente passa, vuol dire che noi non riusciamo a far passare il messaggio opposto e cioè che questa città è stata tanto mafiosa in passato quanto è oggi città dell’antimafia. Dobbiamo interrogare a fondo le nostre coscienze per capire se facciamo tutto ciò che è nelle nostre possibilità o se anche noi consapevolmente o inconsapevolmente non vigiliamo abbastanza o se peggio ancora cediamo al compromesso utile, o se anche noi non deroghiamo al principio di uguaglianza, di equità, di trasparenza, di rispetto della legalità.
Dal mio osservatorio per esempio mi rammarica profondamente l’impossibilità pressoché totale che ha il comune di rispondere adeguatamente alle due questioni emergenziali che giornalmente mi si presentano e che costituiscono il pericoloso substrato su cui si possono innestare deviazioni criminogene e che sono la povertà e la mancanza di lavoro.
Il tema delle povertà si è drammaticamente esteso oggi coinvolge non solo gli indigenti in senso stretto ma anche quelle fasce sociali che ne erano storicamente indenni, che una volta erano definiti come classe media come i disoccupati di ritorno cioè i cinquantenni che per effetto della precarizzazione dei contratti di lavoro, per la crisi del sistema produttivo vengono espulsi dal mercato del lavoro e non hanno nessuna possibilità d rientrarvi, come i pensionati sociali, i coniugi separati, le ragazze madri, le famiglie monoreddito con più figli a carico ecc.. Il fenomeno è ancora in larga parte sommerso noi ne cogliamo gli aspetti più eclatanti in chi ha il coraggio di rivolgersi alle strutture pubbliche o alle associazioni solidaristiche, ma c’è tanta gente tante famiglie che hanno contratto debiti non estinguibili, imprenditori che non ce la fanno che hanno pignoramenti in atto e che magari sono costretti a licenziare, commercianti che chiudono, c’è tanta gente che non riesce a pagare le tasse o le utenze domestiche, che non può mandare i figli all’università ecc.. Una povertà dignitosa non esibita ma altrettanto devastante. A questa domanda noi non riusciamo a dare una risposta degna neanche di tipo meramente assistenziale perché abbiamo risorse ridotte al lumicino per effetto dei tagli nella spesa sociale effettuati dai governi centrali e regionali ma anche per effetto di nostre inefficienze e sprechi perpetrati soprattutto nel passato. Non siamo riusciti a creare un sistema solidaristico coordinato con le altre associazioni del territorio, ne siamo stati capaci di attivare percorsi minimi di carità cristiana. E di questo personalmente mi dolgo. Su questo versante mi sono personalmente speso e ancora mi spenderò nonostante tutto
Ancor più acuto è il grido di dolore per la mancanza di lavoro soprattutto nei giovani. Di questo problema dobbiamo certamente farci carico ma con il giusto distinguo delle responsabilità affermando con nettezza che per esempio l’ente pubblico ordinariamente non è un ente datoriale, non eroga direttamente posti di lavoro, ne può essere considerato alla stregua di un normale ufficio di collocamento e che il suo ruolo preminente è quello di attivare percorsi virtuosi per favorire i processi di sviluppo in grado di creare nuovi posti di lavoro che sono regolati da leggi proprie su cui la politica ordinariamente non interviene. In questo panorama così però bisogna fare attenzione a non favorire scorciatoie che consentano ad alcuni di salvarsi mentre gli altri vanno a fondo perché queste clamorosi atti di ingiustizia scatenano rabbia, rancore e sentimenti insurrezionali contro il potere costituito contro le istituzioni tutte contro la politica. Io colgo questa necessità di giustizia sociale come un elemento fondativo del mio mandato ma in questa opera devo essere adeguatamente sostenuto da tutti perché basta anche una sola leggerezza per delegittimare il sistema e annullare la fatica e il dolore che producono i miei tanti no, i miei mi dispiace.
Altro elemento che si registra dal mio osservatorio particolare è che cresce nella città un sentimento antisociale di insofferenza e di distacco dalla vita pubblica e dagli obblighi del vivere civile. Ognuno si rifugia nel suo privato, si costruisce il suo recinto morale e del resto se ne fotte così che crescono i segni di inciviltà e di disinteresse per la cosa pubblica: si possono gettare i rifiuti a sfregio nelle campagne, si possono rompere lampioni e panchine, i propri cani possono cagare sul prato dove giocano i bambini, si possono deridere i deboli, si possono compiere atti vandalici o atti impudici in luoghi pubblici e via discorrendo senza remore e senza freni. Questo dato fa pensare ad una crisi strutturale di tutto il nostro sistema educativo e valoriale
Che questi elementi siano alla base della recrudescenza di alcuni fenomeni criminali che si vanno registrando è difficile a dirsi con certezza. Certo è che si registra un incremento significativo dei reati contro il patrimonio in particolare i furti nelle campagne di mezzi agricoli, di raccolti, di masserizie. Vi è un incremento di furti anche nella zona industriale, nelle zone residenziali stagionali, come nelle civili abitazioni in particolare in quartieri più periferici. Alcuni elementi possono deporre a favore dell’esistenza di organizzazioni microcriminali appartenenti al nostro territorio ma anche provenienti da territori più lontani o da paesi stranieri. Non si possono escludere tuttavia iniziative autonome e scollegate magari di disperati che giscono in proprio. Non sono in grado di dire se e quanto questa attività sia riconducibile ad un disegno organizzato ed etero diretto.
La crisi del sistema economico e produttivo indubbiamente espone al meccanismo dell’usura su cui non si registra un incremento significativo delle denunce ma molti segnali indiretti conducono a ritenere che questo fenomeno esiste, così come certamente resiste il reato anche qui poco denunciato del pizzo delle estorsioni.
Povertà, ignoranza e disagio producono un impulso incontrollato a scommettere sulla fortuna più che sulle proprie capacità e questo rende ragione dell’incremento esponenziale delle ludopatie in generale e del ricorso ai videopoker, scommesse e lotterie che si mangiano le pensioni, i risparmi prima e il cervello poi.
La marginalità ed il disagio sociale soprattutto giovanile, la crisi del sistema valoriale ed educativo, le scarse prospettive per il futuro sono tutte condizioni che predispongono altresì a comportamenti estremi. Non è difficile immaginare come in questo frangente possa incrementarsi sopratutto nei giovani e giovanissimi il ricorso all’abuso di droghe, all’alcool, alla violenza, all’intolleranza, alla devianza in generale. E vi sono sul nostro territorio segnali inquietanti che vanno in questa direzione e che interessano particolarmente alcuni ambiti cui bisogna fare attenzione come le scuole, il centro storico, i luoghi di abbandono urbanistico e sociale.
Da qui l’esigenza di tenere insieme il tutto, di coordinare gli impegni di ciascuno di noi e di darne pubblica evidenza. Da qui l’esigenza di ridar fiato a questo organismo magari strutturandolo meglio dandogli sempre un contenuto senza lasciare che la discussione diventi accademia e dare degli obiettivi concreti e misurabili. In questo senso io avanzo la proposta di mantenere questo organismo come strumento di consultazione, analisi ed approfondimento ma di lasciare la mission operativa ad un nucleo esecutivo ristretto che porti avanti gli obiettivi generali dell’osservatorio.