Nonostante gli sforzi fatti nel tempo per propugnare la parità dei sessi e le continue campagne sul delicato e purtroppo sempre attuale tema della violenza sulle donne, i casi di femminicidio non si si arrestato e quest’ultimo è un termine ormai tristemente entrato nella quotidianità.
Inoltre, anche se il ruolo della donna nella società moderna di oggi è riconosciuto ed apprezzato, i casi di violenza, di aperta molestia, i maltrattamenti, gli atti persecutori non diminuiscono e non accennano ad essere banditi e spesso sono anche oggetto di una sorta di giustificazione, soprattutto quando avvengono tra le mura domestiche, che rende difficoltoso addirittura riuscire a scoprire i casi che giornalmente si consumano.
Le denunce non sono mai tantissime e ciò per i motivi più svariati: il terrore delle vittime di una ritorsione, preoccupazione di sciogliere un vincolo familiare o relazionale cui si tiene particolarmente nonostante le umiliazioni e vessazioni, timore di perdere i figli e tanto altro. L’assenza di qualificate notizie di reato rende quello della violenza sulle donne un dato incompleto, spesso fuorviante e genera un rilevante “dark number” risultante, per l’appunto, dalla sproporzione tra dato reale del fenomeno ed episodi riportati alle Forze di Polizia ed alle Autorità Giudiziarie.
In questo settore tanto fanno però le unità specializzate della Polizia di Stato che, attraverso operatori qualificati e dotati di particolare sensibilità ed esperienza nel settore, riescono ad affrontare difficili percorsi investigativi fatti di delicati approcci con le vittime che, solo se accolte in un ambiente favorevole, riescono ad aprirsi ed a fornire quei dettagli che, seppur sgradevoli e dolorosi per le stesse interessate, risultano di assoluta rilevanza per le indagini e per la cristallizzazione di quel quadro probatorio assolutamente necessario per determinare un intervento, investigativo e giudiziario, che possa garantire al meglio le persone offese dalla tipologia di reati in argomento.
Lo stesso Capo della Polizia, in una sua ancora attuale direttiva, ha sensibilizzato tutte le articolazioni della Polizia di Stato a porre una maggiore attenzione a tutti quegli indicatori che possono rivelare comportamenti di natura violenta e vessatoria nei confronti di quelle categorie di soggetti rientranti nelle ccdd. fasce deboli proprio per la particolare vulnerabilità che le contraddistingue.
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Di recente, la Squadra Mobile di Brindisi, attraverso i suoi investigatori, ha trattato una delicata vicenda che ha interessato una donna dichiaratasi vittima di atti persecutori messi in atto dall’ex marito e dal figlio.
Gli esiti delle condotte indagini e la piena condivisione da parte dell’Autorità Giudiziaria inquirente (la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi) di quanto cristallizzato dagli investigatori hanno permesso a quest’ultima di richiedere ed ottenere misure di natura cautelare utili a scongiurare reiterazioni del reato e a dare una certa ed immediata serenità alla vittima.
In particolare, proprio nella giornata di ieri, il personale della Squadra Mobile brindisina ha rintracciato in città due consanguinei, padre e figlio, rispettivamente di anni 57 e di anni 26, provvedendo a notificare loro un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Brindisi.
Per l’ex marito della vittima, la misura restrittiva emessa a suo carico era quella degli arresti domiciliari e pertanto, dopo la redazione dei necessari atti di polizia giudiziaria, il soggetto è stato sottoposto a tale regime cautelare presso l’abituale dimora.
A carico del figlio, invece, è stato imposto il divieto di avvicinarsi alla vittima del reato ed ai luoghi dalla stessa frequentati, mantenendo una distanza non inferiore a 300 metri dalla citata persona offesa e dall’abitazione della stessa e con l’ulteriore prescrizione di non comunicare con la donna neppure in forma scritta, a mezzo telefono o della rete internet.
Circa quest’ultimo tipo di provvedimento emesso dal G.I.P., e cioè quello del divieto di avvicinamento alla persona offesa dal reato, deve ricordarsi che è una misura cautelare personale, coercitiva e obbligatoria, prevista e disciplinata dall’art. 282-ter del codice di procedura penale. Si tratta di una misura di recente introduzione nel nostro ordinamento (febbraio 2009) che tende ad assicurare alla vittima una tutela tangibile ed immediata da possibili persecuzioni e ritorsioni da parte dell’autore dei reati. Del resto, ove il reo dovesse violare tali divieti ed obblighi, debitamente segnalati all’Autorità Giudiziaria, potrebbe essere passibile di più grave e restrittiva misura cautelare personale.
Nel caso di che trattasi, la sequela di eventi che ha interessato la vittima e le conseguenti condotte assunte dai due consanguinei ritenuti presunti autori dei fatti cui si è accennato, sono state oggetto di documentazione e ricostruzione da parte degli operatori della Squadra Mobile, venendosi a delineare il ricorrere di ipotesi di reato quali atti persecutori (c.d. stalking), tentata violenza privata e danneggiamento seguito da incendio di automobile: fatti verificatisi in Brindisi fino alla data del 23.07.2017.
La conseguente e dovuta segnalazione alla Procura della Repubblica di Brindisi ha poi comportato che la menzionata Autorità Giudiziaria inquirente, dopo aver vagliato le risultanze d’indagine e condiviso il quadro indiziario assunto, si attivasse tempestivamente per l’interruzione di tali comportamenti attraverso la formulazione, al competente Giudice per le Indagini Preliminari, di una richiesta di emissione dei provvedimenti cautelari ritenuti più utili ed adeguati allo scopo.
Il. G.I.P., esprimendosi con altrettanta celerità, valutato il ricorrere di concordanti indizi in relazione a reiterate condotte verso la vittima tendenti a crearle un certo stato d’ansia ed a costringerla ad un mutamento nelle normali abitudini di vita, con ulteriore minaccia finalizzata a tentare di farle lasciare la città, aggiungendosi peraltro a ciò l’esistenza di sospetti in relazione al danneggiamento seguito da incendio operato ai danni dell’auto della vittima e ritenute quindi sussistenti le esigenze cautelari, emetteva l’ordinanza di applicazione – a carico dei due individui sopra indicati – della misura restrittiva degli arresti domiciliari per il padre (ex marito della vittima) e del divieto di avvicinamento nei confronti del figlio.