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STORIA – Relazione del GEN. ANTONIO ZERRILLO: IL MARESCIALLO MESSE

da Cosimo Saracino
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Pubblichiamo la relazione che il gen. Antonio Zerrillo ha dedicato al maresciallo in occasione del nostro convegno del 10 ottobre scorso, “Il lungo regno di Vittorio Emanuele III – Gli anni delle tempeste”, tenutosi a Vicoforte (CN). Essa è accompagnata da una nota introduttiva del nostro direttore scientifico prof. Aldo A. Mola.

 

Vent’anni fa il Comune d Mesagne (Brindisi) ricordò con un convegno di studi il suo cittadino più famoso, Giovanni Messe, ultimo Maresciallo d’Italia (Mesagne, 10 dicembre 1883 – Roma, 12 dicembre 1968).
Un suo equilibrato profilo è nel Dizionario biografico degli italiani. Nel 2006 l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito pubblicò l’opera di Luigi Emilio Longo, Giovanni Messe. L’ultimo Maresciallo d’Italia (pp. 663), frutto dell’esplorazione del vasto fondo documentario approdato all’Archivio dell’US-SME.

Lo scorso 10 ottobre 2020, nel Convegno di studi su “Il lungo regno di Vittorio Emanuele IIII. Gli anni delle tempeste, 1938-1946 (Vicoforte), organizzato dalla ASSGG in collaborazione con enti e istituti, il Generale Antonio Zerrillo ha svolto la brillante e inappuntabile Relazione su Il Maresciallo Giovanni Messe e la riscossa del Regio Esercito Italiano. Nelle conclusioni ha ricordato il monumento decretatogli dal Comune nativo, mai ultimato.
Per chissà quale congiunzione astrale, negli stessi giorni a Mesagne è stato acceso un faro sulla sorte del busto del Maresciallo da anni pronto per essere collocato all’aperto, quale “Memoria” e motivo di riflessione sulla complessa storia d’Italia. Umili genere natus, per virtù propria e perché la Terza Italia promosse l’ascesa sociale dei cittadini come mai era avvenuto prima né accadde dopo, Messe percorse una straordinaria carriera sino al grado all’epoca supremo, passando attraverso ruoli di particolare merito, anche quale aiutante di campo di Vittorio Emanuele III.

D’improvviso, la figura e l’opera del Maresciallo vengono ora poste in discussione sulla base di alcune carte pubblicate da Mario J. Cereghino e Giovanni Fasanella in Le menti del doppio Stato. Anziché vagliarne l’attendibilità e contestualizzarne generi e contenuti, talune associazioni che si ergono a depositarie della Verità si sono affrettate a demonizzare Messe quale stratega della repressione di chi negli anni 1943 e seguenti si prefisse di portare l’Italia nell’orbita dell’Unione Sovietica. Secondo qualcuno bisognava invece spianare la strada all’arrivo dell’Armata Rossa. Chi vi si oppose difendendo lo Stato sorto dal Risorgimento e dall’unificazione nazionale va cancellato dalla memoria.
Ridotto all’osso, il “caso Messe” ora strumentalmente aperto è tutto lì: monarchico, liberale e cattolico, nel dopoguerra egli fu eletto senatore sotto l’insegna della Democrazia Cristiana (1953: come il Generale Raffaele Cadorna, già Capo del Corpo Volontari della Liberazione), poi alla Camera nelle file del Partito monarchico popolare (1958, con ingresso a Montecitorio nel 1961) e infine in quelle del Partito liberale italiano (1963-1968), all’epoca guidato da Giovanni Malagodi. Messe ebbe dunque i voti di democristiani, monarchici e liberali negli anni da De Gasperi ad Aldo Moro. Tutti golpisti o collusi con il leggendario “doppio Stato”?
Per essere degni di ricordo pubblico bisogna proprio aver avuto la tessera del Partito comunista d’Italia e dei suoi succedanei o almeno averlo fiancheggiato e soprattutto non averlo avversato? La quistione posta da chi vuol prospettare un “Messe Nero” anziché, qual fu,  un patriota insigne, non è “di parte” ma storiografica: ed è in questi termini che qui viene posta, quale invito al confronto storiografico. Chi nel 1943-1946 si schierò per la conservazione della forma monarchica dello Stato è soggetto alla perpetua damnatio memoriae? E chi ha diritto oggi a sentenziarla?
Per promuovere il confronto civile pubblichiamo integralmente la Relazione svolta dal Generale Antonio Zerrillo e saremo lieti di dare spazio alle osservazioni che al riguardo ci venissero inoltrate.

Poiché nel citato libro Cereghino e Fasanella prospettano l’appartenenza alla massoneria quale indizio di collusione con le trame più oscure, ricordiamo quanto il 10 scorso aggiungemmo come nota alla bella Relazione del Generale: il 3 giugno 1919 il tenente colonnello Giovanni Messe, comandante del IX Reparto d’Assalto degli Arditi, venne iniziato massone nella Loggia “Michelangelo” di Firenze, con diploma ne varietur n. 53.738. Se essere massoni e fedeli alla Corona è un demerito, vanno allora demoliti tutti i monumenti di Giuseppe Garibaldi. L’Eroe per antonomasia indossò la divisa di generale dell’Armata Sarda, per insegna ebbe “Italia e Vittorio Emanuele”, fu acclamato il Primo massone d’Italia e venne eletto gran maestro effettivo del Grande Oriente nell’estate 1864.
Prima di inventare un “Messe Nero” è bene studiare e capire la storia d’Italia e magari ricordare che nel 1948 il Fronte Popolare socialcomunista (Togliatti-Nenni) assunse per insegna proprio Garibaldi…  Aldo A. Mola

” IL MARESCIALLO GIOVANNI MESSE E LA RISCOSSA DEL REGIO ESERCITO ITALIANO “.
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