Si sono fidati del fratello fino all’ultimo minuto. Fino a quando, documenti alla mano, non hanno potuto fare a meno di constatare che li aveva truffati per anni. E non di poco. Solo negli ultimi cinque anni ci sarebbero stati degli ammanchi sui conti correnti per oltre trecentomila euro. Ma come è stato possibile che una persona di famiglia avesse deciso di comportarsi con tanta furbizia? È la domanda che ancora oggi si pongono i due fratelli senza ricevere risposta alcuna. Se da un lato rimane il rammarico per aver perso diversi soldi, dall’altro c’è tutta la delusione di un rapporto tra consanguinei. La fiducia aveva sempre contraddistinto il lavoro nel panificio di famiglia dove ancora oggi sono diversi operai. I tre fratelli lavoravano di comune accordo eseguendo i compiti assegnati, fino al 2020 quando è scoppiato il caso. C’era chi si alzava la notte per preparare l’impasto per pane e focacce e, poi, c’era chi aveva ricevuto l’incarico fiduciario di risolvere i problemi burocratici. Ed è proprio quest’ultimo fratello, il 66enne mesagnese, che oggi risulta imputato nel processo attivato dagli altri parenti poiché avrebbe sottratto 343.322 euro nel corso degli ultimi cinque anni. E poi avrebbe contratto mutui a nome della società a proprio vantaggio.
La ricostruzione dell’intricata vicenda è stata affidata al pubblico ministero della Procura di Brindisi, Giuseppe De Nozza, secondo cui il 66enne aveva la delega a operare nei rapporti con gli istituti di credito. Inoltre era la persona che si occupava in maniera esclusiva dei contatti e dei rapporti con i fornitori, con il commercialista e con il consulente del lavoro. Si sarebbe appropriato di 343.322 euro, effettuando sottrazioni di denaro contante dalla cassa dello stesso panificio, denaro destinato a scopi estranei alla gestione dell’attività commerciale. Oggi i fratelli che si ritengono truffati si sono costituiti in giudizio con l’avvocato Giancarlo Camassa. La prima udienza del processo si terrà il 3 dicembre 2022. Intanto, c’è stato anche un sequestro conservativo – di beni mobili e immobili – ai danni del 66enne mesagnese per un importo totale di 400mila euro.
Il panificio è sempre stato frequentato dai mesagnesi per la bontà dei prodotti. Eppure nel 2020 proprio chi oggi è sotto processo aveva avanzato l’ipotesi di una chiusura a causa dell’esposizione debitoria e del Covid che stava mettendo in ginocchio tutte le aziende, escluse quelle alimentari. Dopo l’allontanamento dalla gestione di uno dei fratelli, in seguito alla scoperta della truffa, l’azienda ha ripreso a pieno ritmo il lavoro e ad oggi tutti i fornitori sono stati pagati, gli stipendi degli operai aumentati ed è stato fatto un nuovo investimento nei macchinari. La delusione nei due fratelli però rimane ed è ancora forte. Adesso toccherà al giudice Simone Orazio del Tribunale di Brindisi decidere sulla vicenda. L’accusa è di appropriazione indebita, ma probabilmente basterebbe un confronto tra fratelli con spiegazioni adeguate e scuse aggiuntive per evitare lo stillicidio nelle aule di Tribunale.