31
Riportiamo di seguito un intervento del prof. Marcello Ignone pubblicato nel gruppo Raccontare Mesagne. Lo consideriamo un documento importante per la memoria di tutti ed è per questo motivo che abbiamo deciso di pubblicarlo per l’approfondimento dei nostri lettori.
Ho avuto modo di leggere l’opuscolo di Mimì d’Alonzo, Muro Tenente. Una storia dimenticata (s.n.t.) in distribuzione presso i Musei Civici di Latiano (BR), gestiti dalla Pro Loco della città.
Ci siamo a più riprese occupati di Muro Tenente e della vicenda dei “giovani sognatori” che nella lontana e calda estate del 1969 ebbero a cuore le sorti del sito messapico.
In sintesi, la cronaca dell’anno 1969 riporta che iscritti alla Pro Loco di Latiano, tra cui Tommaso Mola, Giovanni Palazzo, Enzo Murra ed altri (Andrea Longo, Raffaele Cavallo, Bruno Giordano), furono informati del fatto che a Muro Tenente era stato compiuto un vero scempio dai trattori durante la fase di aratura profonda. Questi giovani si recarono sul posto per controllare e denunciare eventuali ritrovamenti alle autorità competenti; fu durante uno di questi controlli che ci fu quello che è stato il più importante ritrovamento, almeno ufficiale, avvenuto a Muro Tenente.
Tommaso Mola racconterà che “In uno di quei tormentati andirivieni, un giorno accadde l’imprevedibile. Era di pomeriggio. Saranno state le ore 16 o le 16,30. Il trattore marciava rumorosamente davanti a me ed io lo seguivo nel nuvolone rossastro di polvere. La terra scassata dall’acciaio si apriva e si riversava a destra e a sinistra nel solco profondo, ove procedevo. Ad un tratto, mentre scrutavo la terra in movimento che mi faceva rotolare le zolle sulle scarpe, udii un rumore tenue, quasi un soffio contratto. In contemporanea, mi sembrò di vedere rotolare, dall’alto dei cumuli di terra smossa, verso i miei piedi, tante palline marroni, tutte di uguale grandezza. Raccolsi una di quelle strane polpettine. Con l’indice e il pollice cercai di sbriciolarla. Con mia sorpresa, la sfera, prese la forma di un dischetto rigido, di un paio di centimetri di diametro. Anche se irriconoscibile per l’incrostazione di calcare, non ci volle molto a capire che si trattava di una moneta molto antica. Urlai per la gioia e chiamai a gran voce i miei compagni, che erano un po’ più in là. Ripresi a recuperare zollette e a cercare quelle che erano sepolte nella terra rimossa. Pregai uno dei miei colleghi: corri a Latiano, vai a chiamare il maresciallo dei Carabinieri. Fallo venire subito qui a darci una mano. Quando il cavo della mia mano fu colmo, cominciammo a contarle.
Dopo aver setacciato la terra, palmo a palmo, quando fummo certi che non ve ne erano più, le ricontammo nuovamente. Erano 400. Prima del calar del sole di quella giornata memorabile, non essendo sopraggiunti i Carabinieri, ci recammo noi in Caserma per consegnare i due fagottini in mani sicure. Non trattenemmo per noi, per ricordo, neppure uno di quegli splendidi esemplari. Né rivendicai, dopo, il diritto al riconoscimento della quota di mia spettanza. Compresi allora che le storie ascoltate da bambino non erano state solo fantasie. Le occhiature erano esistite veramente. E che veramente, più di qualcuno, dalla necropoli di Muro Tenente, aveva fatto fortuna.”
Invito alla lettura della bella e partecipata testimonianza che di quella esperienza e di altre ancora, come i campi di lavoro successivi, ne fa la d’Alonzo. Aggiungiamo che la storiografia comincia dove finisce la testimonianza perché se è vero che la memoria è la materia prima della storia (e bene ha fatto la d’Alonzo a ricordarcelo), è altrettanto vero che non bisogna contrapporre la memoria o testimonianza che dir si voglia alla storia e all’analisi dei fatti e dei documenti. Una comunità, di certo non solo quella latianese, se privata della sua memoria storica è di fatto privata della sua identità. Le memorie, che restano comunque sempre selettive, tramandate sono le pietre con cui si cimenta lo storico. Quei giovani latianesi, spostando pietre nella calda estate del 1969, forse allora non erano, in quanto testimoni dei fatti, del tutto consapevoli di quello che facevano ma oggi, con i risultati ottenuti e il giusto distacco, possiamo constatarne la portata storica.
Foto: frontespizio dell’opuscolo; scavi del 1969 a Muro Tenente (le foto degli scavi sono di Crocifisso Turrisi).
Foto: frontespizio dell’opuscolo; scavi del 1969 a Muro Tenente (le foto degli scavi sono di Crocifisso Turrisi).


