Nel pomeriggio di ieri i poliziotti del commissariato di Mesagne hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un uomo di 48 anni già detenuto per fatti analoghi originario di Oria dove svolgeva l’attività di artigiano ed era membro di un’associazione sportiva finalizzata a promuovere e far conoscere il territorio. L’uomo era stato indagato per i reati di violenza sessuale nei confronti di persona all’epoca dei fatti minore di 18 anni con l’aggravante di aver commesso il fatto per motivi abietti e futili ed aver agito con crudeltà nei confronti della vittima di minacce e violenza privata costringendola ad infliggersi punizione corporali e atti di autolesionismo ogni qualvolta la stessa non ottemperava ai suoi ordini. Tra cui quello di non comunicare neanche a mezzo telefono con alcuno, inoltre la ragazza era costretta a sottoporsi a seduta ipnotica regressiva al fine di purificarsi dalle tre precedenti relazioni sentimentali è sessuali.
In particolare, verso la fine dell’anno scorso, una giovane donna si è presentata negli uffici del commissariato accompagnata da due persone che la sostenevano psicologicamente e chiedevano di ascoltare la sua storia di violenza. Una come le tante, molto sommerse? Per alcuni versi si, le violenze sono sempre di natura fisica, verbale, economica, persecutorie e sessuali. Ma in questa, oltre alla variegata tipologia di violenza, c’era di più: un incredibile sapore di Medioevo con una presenza costante di sedute ipnotiche che venivano proposte alla vittima che avrebbe dovuto purificare il suo animo per essere degna di quell’uomo.
Per un paio di anni quello “scricciolo” di ragazza che transitava dalla minore alla maggiore età, con una storia familiare difficile che l’aveva resa debole e insicura, era rimasta nel possesso della persona arrestata. Nel possesso è esattamente l’espressione più calzante per definire quel rapporto sperequato in cui lui dettava ordini e pretendeva inaudite e raccapriccianti prove d’amore: tagli in varie parti del corpo, bruciature della schiena con la piastra per capelli dei polsi, delle gambe, nello sbattere la testa ripetutamente contro il muro e costringerla ad ingerire farmaci fino a tentare il suicidio. E lei subiva in silenzio, impotente e lusingata per le attenzioni ricevute da quell’uomo che molti genitori di ragazzine che gravitavano in quella Associazione Sportiva vedevano come un educatore per supporto e per la crescita delle loro creature. Vero è che durante l’attività di indagine è emerso che la vittima non era una soltanto ma anche altre ragazze minorenni erano state rese oggetto di attenzione da parte del ristretto.
Non è stato semplice ascoltare quella donna e le persone informate dei fatti. Lo scenario che è emerso è apparso anacronistico e per alcuni versi su reali. Al commissariato è scesa in campo la quota Rosa dell’ufficio che ha saputo accogliere, ascoltare Giulia (la chiamiamo così fittiziamente) che però è riuscita a ribellarsi a prendere quel coraggio per raccontare la sua storia.