Home Primo Piano 17 marzo 1598, i mesagnesi gridarono al miracolo di Mater Domini – di Cosimo Pasimeni

17 marzo 1598, i mesagnesi gridarono al miracolo di Mater Domini – di Cosimo Pasimeni

da Cosimo Saracino
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E sono 426 anni da quella storica data che ha visto la nostra città al centro di un avvenimento molto importante che è citato, anche se non correttamente, in diverse fonti anche a livello nazionale; parliamo dei fatti avvenuti quel giorno, martedì santo.
Prima di entrare nello specifico è bene fare una breve descrizione del luogo dove si sono svolti questi avvenimenti.

Ci troviamo in aperta campagna nella zona ad oriente di Mesagne dove, oltre un miglio dal centro abitato si trovava il convento dei Padri Cappuccini che si erano insediati in Mesagne nei primi decenni del 1500 in alloggi dei precedenti monaci basiliani presso la chiesetta di Santa Maria di Stigliano e nel 1539 costruirono l’edificio di cui nel 1598 solo una parte.

Scendendo verso la città si trovava una piccola chiesa dedicata a San Cataldo, ora SS.mo Crocifisso.
Nel mezzo di questi due edifici raggiungibili tramite una mezza via, per la quale solevano passare i Reverendi Padri Cappuccini quando per loro occorrenza venivano nella Città, vi era una piccola cappella di origine bizantina databile al 1300 abbandonata, circondata da rovi e non più aperta al culto in cui era dipinta, ma decisamente sbiadita, su un muro l’immagine di Maria SS.ma ed il Bambino.

Fatta questa prima esposizione ambientale passiamo all’avvenimento accaduto in quel giorno e raccontato, in qualità di testimone, dallo scrittore e poeta mesagnese Daniele Geofilo Piccigallo nella sua «RELATIONE» pubblicata nel 1506. Nota: le frasi in corsivo sono quelle testuali.
Era consuetudine come pia devozione tra quelle della Settimana Santa recarsi processionalmente a visitare le chiese e proprio “alli dicisette del mese di marzo à quattro hore di giorno del Martedì Santo, dell’anno 1598, una “quantità di genti, che ivi vicine si trovavano, che andavano visitando le Chiese conforme all’antica usanza dei nostri Maggiori”.

In questa frase non è indicata quale chiesa si stesse visitando, ma il particolare che “ivi vicine si trovavano” ci induce a pensare a quella dedicata a San Cataldo; ma perché anche questa chiesetta che in quel periodo era distante circa un Kilometro dal centro abitato ed anche in precarie condizioni? La risposta la troviamo nella visita pastorale del vescovo Francesco Surgente del 1639 che attesta la presenza di un Crocifisso molto venerato dai mesagnesi.
Questa chiesetta in quel tempo era più piccola di quella attuale e pertanto possiamo anche supporre che, data quella “quantità di genti”, molti fedeli si trovavano anche all’esterno.

L’avvenimento successe “ha quattro hore di giorno” e quindi, considerando che in questi giorni fa alba poco dopo le sei possiamo stimare tra le dieci e le undici del mattino.
Mentre quelle persone erano intente a seguire il sacro rito furono distolte dalle grida di una donna che a poca distanza “incominciò ad alzar la voce, e gridare miracoli”.
Le grida provenivano proprio dalla prossimità di quella piccola chiesetta in direzione del convento dei Padri Cappuccini.

Ma chi era questa donna? Il Piccigallo così la descrive: “… essendovi venuta a caso una Donna, la quale forse pentita dei suoi misfatti, quasi un’altra Maddalena”; di essa non si conosce il nome e l’autore, forse per enfatizzare, ha usato quella definizione, ma che invece, come negli anni successivi è stata sempre definita, era “una povera contadina” che viveva nei paraggi e che era abituata a frequentare, quella cappelletta per una preghiera davanti alla sacra Immagine;
Quella mattina, come altre volte visitando la predetta cappella, notò qualcosa di diverso: “in orazione, vidde dalla faccia di quella uscir gocce di sudore, e non in poca quantità; Onde ella quasi atterrita incominciò ad alzar la voce, e gridare miracoli”.

A questo punto tutti si riversarono verso quella “picciola Cappella, e dal tempo, e dall’acqua tutta quasi rovinata, ove era una imagine della Madonna Santiss[ima] Regina del Cirelo, Avvocata dei Peccatori e di tutto il genere humano, chi ivi dipinta l’avesse non si sa”.
Tra i presenti vi era anche il Piccigallo che così racconta l’episodio: … tra i quali fui indegno, e misero peccatore, che vidi scatorire da quel benedetto, gratioso, venerabile, e santo volto gocce di sudore, del che s’arricciorono a tutti, che presenti eramo i capelli.
La notizia si sparse subito in Mesagne e qui di seguito ciò che successe:

“Tra tanto velocemente se ne correva alla Terra la alata fama; Per lo che in breve tempo vi s’andorno molti di Mesagnesi; trà di quali uno nomato Giulio Leucio, il quale per lo spazio di cinque anni, né di mani né di piedi né di quasi tutta la persona s’haveva potuto prevalere, ma sopra due forcine appoggiato andava con tardissimi passi, che a sua comparazione velocissimo era il tardo Saturno (Nota: Saturno è una metafora per indicare la lentezza; era l’ultimo pianeta allora conosciuto con il suo giro di rivoluzione intorno al sole di circa trenta anni). Questi prostratosi avanti à quella veneranda Imagine, e pregatola che lo restituisse alla pristina sanità; si vidde in un repente levarsi in piedi senza altrui aita [aiuto], e caminare come se mai havesse havuto infermità alcuna, come hoggidi si vede in Mesagne, ond’egli pigliato le forcine ove appoggiato andava, le appicò avanti la porta della Chiesa, dove al presente (1605) si vedono, e per ricompensa di questo beneficio (poiché con altro non poteva pagarlo) servì in detta Chiesa per alcuni mesi.

Dopo a venti giorni la Beata Vergine sanò ancora dello stesso morbo una Gentildonna detta Soro An giola Azzolina, Guardiana del Monastero di Santa Maria della Luce in Mesagne, la quale dodeci anni era stata à letto, priva della sua sanità, e havendosi voltato devotamente alla Gloriosiss[ima] Madonna, e pregatola, che li donasse aita; ecco un giorno ad un subito si levò dal letto senza alcun soccorso, chiamandosi le sue Sore Monache e con una torchia accesa in mano camminando come se mai morbo alcuno havesse havuto, scese al Choro, e ivi si vide prostrata, e con humor a gl’occhi, che rendeva gratie alla Regina del Cielo, del duono havuto; Onde di questo stupendo miracolo vi corsero molti huomini, e donne Mesagnesi, ed anche dei convicini luoghi, dove con gran devozione bagnavano il pavimento di lagrime, vedendo detta Guardiana, qual hoggidi molto devota vive in detto monastero”


Quella piccola cappella, in seguito a questi avvenimenti, fu meta di pellegrinaggi da tutto il Salento.
I pellegrini lasciavano copiose offerte e offrivano oggetti preziosi; … d’onde essendosi raccolta una qunntità di danari s’incominciò a fare, e tuttavia si fa la sontuosissima fabrica (MDCV).

Nella foto: edicola di Via Cuneo con l’immagine di Maria SS. Mater Domini

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