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La lapide di Dogali – di Cosimo Pasimeni

da Redazione
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Qualche giorno fa mi trovavo in Piazza Garibaldi e la mia attenzione si posò sulla lapide che si trova sulla facciata del nostro Municipio, la lapide commemorativa dedicata ai caduti nella battaglia di Dogali il 26 gennaio 1887, una disfatta del Regio Esercito nella Colonia Italiana in Eritrea a cui seguì l’altra del 1° marzo 1896 ad Adua, a cui è intestata l’omonima via (Traversa di Via G. Giusti).

Poiché ci troviamo proprio nell’imminenza di quella data, ho deciso di scrivere qualcosa in merito, non per una descrizione storica, ma per evidenziare come veniva commentata questa disfatta nei primi anni successivi; li ho ripresi da due libri, un sussidiario ed un libro di letture, di scuola elementare dei primi anni del 1900 (poiché mancano le pagine iniziali e finali e quindi non possibile stabilire con esattezza la data di stampa, fa fede un appunto a matita con scritto 23 maggio 902)

Dal libro Sussidiario

Dogali

Ai prodi fratelli, che giacquero estinti,

serbando la fede nel proprio valor:

ai figli d’Italia caduti, non vinti,

il mesto saluto, la pace del cor!

 

Trecento spartani l’immensa coorte,

sfidaron di Serse, con nobile ardir:

morendo, il lor nome sottrasser da morte

non furon sconfitti: pugnando morir.

 

Dei Fabi romani l’eroica baldanza

di fronte alla morte smentita non fu:

ma a Fabi e a Spartani ridea la Speranza,

giovasse alla patria cotanta virtù !…

 

E ai nostri soldati, non rise la speme

del sangue versato pel patrio terren,

che lava l’obbrobrio d’ingiuste catene,

che i figli alla madre ridona nel sen!…

 

Pur cadder quei forti sul barbaro lido,

Termopoli nova, con gioia con fè.

uscia da l’or petti concorde un sol grido:

la patria ci manda, moriamo pel Re!…

 

Pel Re, per la patria! se muta è la sfinge

che segna le veci dei nostri destin:

se il cielo di cupo colore si tinge,

se incerta è la meta del nostro cammin.

 

Dovunque risuona di guerra lo squillo,

è invitto l’orgoglio; più invitto è l’onor!

Dovunque d’Italia risplende il vessillo

dai vostri fratelli si vince o si muor!

(D’Aste)

 

Dal Libro di letture – I soldati italiani a Dogali (26 gennaio 1887).

Il colonnello De-Cristoforis co’ suoi cinquecento soldati, circondato da una moltitudine di Abissini, combattè disperatamente a Dogali, a sette miglia di distanza da Saati, ove la colonna era diretta ad approvigionare il valoroso presidio, che, il giorno avanti, aveva con pochi cannoni resistito al furioso assalto di migliaia di nemici.

Dogali – nome ignoto finora- oramai indimenticabile per gl’italiani. Cinquecento morti, o mortalmente feriti, sulla linea del combattimento senza cedere un palmo.

Eran giovani e forti 

Ed or son morti!

E tu, povero amico Griffo (Carmelo Griffo, Tenente del 20° fanteria, nato a Palermo nel 1856), che, partendo, mi venisti a salutare, avevi forse il presentimento della tua fine?! Ti brillavano gli occhi nel viso ardimentoso quando mi dicevi ch’eravate decisi a vendere cara la pelle alle iene africane. Noi, compagni vostri, abbiamo inutilmente le sciabole affilate ed i fucili pronti. Siamo migliaia e migliaia, e non vi abbiamo potuto aiutare quando combatteste uno contro venti. Vi potremo almeno vendicare?

Oggi stesso rinnovo la domanda di essere destinato alle truppe d’Africa.

Il cordoglio dei cittadini per l’eccidio di Dogali è indescrivibile. Chiedono e danno notizie sopra l’eroico combattimento. Commovente il saluto che il Parlamento ha votato, per acclamazione, ai nostri prodi caduti.

Raccontasi che il colonnello De-Cristoforis, in mezzo al mucchio dei cadaveri, ordinasse ai pochissimi superstiti di presentare le armi ai caduti.

La storia registrerà l’eroico comando. Sanno di morire, e salutano nei già morti il proprio sacrificio per la patria lontana!

VITTORIO BACGI.

 Rondinelle di Dogali.

Volano, volano. Cala la sera,

È pazzo il vento, commosso il mar.

Scendete, o rondini, alla scogliera

Che solitaria sui flutti appar.

 

Domani, o rondini, a squadre a squadre

Dispiegherete di nuovo il vol,

Ancor più rapide, fitte, leggiadre,

Ai lieti raggi del primo sol,

 

«Ecco le rondini!» dirà taluno,

Quando in Italia vi si vedrà.

«Ben lor s’addice quest’anno il bruno!»

Forse qualch’altro soggiungerà.

 

Vengono d’Africa e forse a noi

Parlan dei cari morti laggiù,

Cantan le glorie dei nostri eroi,

Dicon gli orrori di ciò che fu.

 

Quanto era vasto quel cimitero

E quanto sangue corse quel dì!

Ben vi si addice quest’anno il nero,

Rondini d’Africa, migrate qui!

 

No, non lo fate quest’anno il nido

Presso la casa d’alcun di lor,

Non le turbate col vostro strido

Le madri assorte nel pio dolor.

 

Ad esse, povere madri de’ morti,

Volate prima di ripartir;

Per le insepolte ossa de’ forti

Chiedendo fiori, pianti e sospir …

Augusto Mazzucchetti (?1862-1914)

 Sempre sullo stesso libro c’è il racconto di un gruppo di visitatori; interessante la conclusione:

Dogali

“Poveri morti! Deponete corone di fiori pallidi sulle zolle ove caddero, piangete sui loro tumuli lacrime interiori, che si asciugano tardi. Andammo a Dogali e deponemmo una corona anche noi … “

Segue la descrizione del posto, poi in merito alla battaglia così conclude:

“Là sul colle di Dogali, se alcuno come a noi descriva le poche vicende del combattimento, cresce la pietà pe i caduti, l’ammirazione diminuisce. Vittime intrepide si, eroi no; non sfidarono la morte, la morte li sopraggiunse impensata. Morirono degnamente senza cercare scampo, ma videro che il cercarlo era inutile. Vittime, non eroi; ed è questione questa di ben altro che di parole; vantando l’audacia di tutti, si cela o si scusa la crudele spensieratezza di alcuni”.

  1. Martini (? 1841-1928)

Sono anche in possesso di un libro dedicato al Risorgimento, formato calendario, in cui per ogni giorno sono riportati avvenimenti che vanno dal 1817 fino al 1917. Nella foto del giorno 26 gennaio è descritto quello della battaglia di Dogali con un disegno tratto da L’Illustrazione Italiana.

Torniamo alla lapide del municipio per cercare di capire quando fu installata; certamente nell’archivio comunale si troverà qualche delibera, ma possiamo inquadrare il periodo osservando una cartolina, datata 1909, della Chiesa di Santa Maria; sulla sinistra, in corrispondenza del terzo finestrone del primo piano, si nota la parte terminale destra della lapide.

In un’altra foto, probabilmente degli anni 20 (mancano gli alberi di Via Roma), si nota che nella parte sinistra e in basso era applicata una decorazione, sicuramente due rami di palma di cui sono ancora visibili i punti di appoggio. Quel particolare si nota anche in una foto del comizio dell’allora Sindaco Santo Semeraro del 1950

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