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La storia della chiesa di Santa Maria scritta da Fra Montorio

da Cosimo Saracino
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(di Cosimo Pasimeni) – Mi unisco a quanti hanno formulato le congratulazioni ad Angelo Contessa ed alla sua squadra per l’eccellente lavoro effettuato sulla facciata barocca della Chiesa di Santa Maria. Prefiguro già la bellezza di questo angolo della nostra città quando saranno ultimati tutti i lavori dell’intero ex convento, compresa anche la facciata di via Roma. Ho frequentato quella chiesa per almeno 40 anni e già da bambino mi interessavo alla sua storia tanto che ricopiai su un quaderno l’intero capitolo dal libro «Vie, Piazze, Vichi e Corti di Mesagne» di Antonio Profilo che mio padre prese dalla Biblioteca della Società Operaia. 

Desidero ora, in occasione dei restauri appena terminati, divulgare la descrizione della Chiesa di Santa Maria e dell’annesso convento dei Celesti riportata nel libro: «ZODIACO DI MARIA» di fra Montorio. Questi all’inizio del capitolo Stella VI del Segno di Libra (bilancia) nel parlare della Terra di Mesagna, Diocesi di Brindisi, accenna ad una breve storia della nostra città per poi descrivere alcune chiese fuori le mura tra cui Santa Maria in Betlemme o Santa Maria della Sanità.

Di seguito quanto riportato sul libro:

«ZODIACO DI MARIA»

OVVERO LE DODICI PROVINCIE DELLA TERRA DI NAPOLI

Di Padre Serafino Montorio

Figlio del Convento di Santa Maria della Sanità di Napoli dell’Ordine dè Predicatori

Napoli MDCCXV

Stella VII del Segno di Libra

S MARIA in Bettelemme,

ovvero della Sanità nella medesima Terra

 

Che la Vergine sia l’Officina aperta da Dio à beneficio del Mondo; non è da dubbitarsi in conto alcuno, perché da lei prendiamo tutti quei medicamenti atti per la nostra salute, non solo del corpo, mà anche dell’Anima; che però con ragione S. Chiesa la chiama Salus infirmorum, e secondo il Damasceno (orat. 1. de Nat.V.) “Ella Ommem natura morbo laborantem in sanitatem restituit”; quasi che come Fonte prodigioso, ò Panacea di. Paradiso appresti medicine valevoli alla sanità corporale, e spirituale dell’uomo; or se Riccardo di S. Lorenzo (lib. 9. de lau. V.) paragonandola al fiume Giordano, ed alla Piscina Probatica, così dice: “MARIA fluvius Jordanis, in quo ad praeceptum Elisai restituitur caro Naaman leprosi sicut caro parvuli pueri. MARIA est Piscina Probatíca in qua Angelus Domini secundum tempus descendebat, mavebatur aqua”. E più chiaramente il suddetto Damasceno (ser. de dorm.Vir.) parlando in persona di MARlA dice: “Ego quasi Officina Medicina agrotantibus; Ego fòns perennis curationum”; il che praticossi per mezo della miracolosa Immagine, della quale trattiamo.

Correva per tutto il Regno di Napoli, e specialmente per la Provincia di Puglia, appunto l’anno della nascita del Verbo in carne 1528, come ministra della Divina Giustizia la morte, mediante il pestifero morbo, contro del quale non valeva umana industria, vedendosi alla giornata, cadere vittima di quella inesorabile omicida, il Medico insieme, e l’ammalato. Frà gli altri luoghi della grande, e popolata Provincia della Japigia, che vedevansi spopolare dal pestifero morbo, fù l’accennata Terra di Mesagna, li di cui abitanti tuttocchè avessero praticate le più necessarie cautele per liberarsene, pure penetrò ſrà di loro à farne sterminio, e quantunque prorassero con varj segni di penitenza placare l’ira divina, viddero deluse le loro speranze; quali che il Giudice Supremo non avesse orecchie per ascoltarne le suppliche.

Mà quando si viddero abbandonati, e non esauditi dal Figlio (devo credere ispirati dal Cielo) ferono ricorso alla Madre, prendendo il documento di S. Bonaventura (Psàl. Virg.) “Clamate ad illam in periculis vestris & flagellam” non appropinquabit tabernaculo vestro”. Era poco lungi dalle mura di quella Terra una piccola Coppélla già dal tempo divoratore affatto scoperta ,e mezo diruta, ove à fresco era dipínta rozamente una Immagine antichissima di MARIA sotto il titolo di Bettelemme, frequentata solamente da alcune donnicciuole divote; e benché i Mesagnesi avessero altre Immagini della Vergine miracolose, e cospicue, come si è veduto, e vedrassi; contuttocciò, così permettendo il Signore `a gloria della Madre à quella come destituta pensarono offerire i propri ossequj con una pubblica processione. A quella intervenne non solo il Clero Secolare, mà anche Regolare e la maggior parte del Popolo in abito di penitenza, e ſrà gli altri un numero grande di Fanciulle nubili d’ogni condizione, quali senza pompa e scapillate andavano con proſulissime lagrime supplicando la Vergine, acciocchè si degnasse placare lo sdegno, benché giusto, del divino suo Figlio.

Giunsero le umili preghiere, e copiose lagrime di quelle Verginelle avanti il trono della Madre-di Dio, che mossa à pietà di quel Popolo pe nitente, ottenne dall’irato Figliolo ‘il rescritto di misericordia, cessando affatto la peste. Non ingrato quel Popolo à tanta Beneſattrice, colle offerte limosine ingrandì ben presto la Chiesa con nuova fabbrica, coprendola per allora colle tavole medesime, le quali erano già preparate per li letti nuzziali delle suddette fanciulle; ed a perpetua memoria dell’ottenuto beneficio ‘ſù detta quella sagra Immagine S. MARlA della Sanità. Il luogo, dove oggi si mira eretto l’Altare dedicato à MARIA, è quello appunto, nel quale era l’Altare dell’antica Chiesetta. ln quello Altare vedesi posto un gran Quadro colla proporzionata apertura nel mezo, per la quale vedesi la sagra Effigie. Nella parte inferiore del Quadro grande sono dipinti alcuni Santi, forse loro Protettori, e nella superiore molti Angioli con fiori nelle mani in atto di stupore, e riverenza; avanti alla Vergine poi un’altro Angiolo, che tiene con ambe le mani un cartoccio, nel quale colle note di canto fermo vedesi notata la seguente brevissima Antifona: “Beata Virgine intercedente Messapia ab Epidemia liberata est. Alleluja. Anno Domini 1528”, quale Antifona forse cantavasi dagli antichi Ecclesiastici di quel luogo in rendimento di grazie di un tanto favore ottenuto per intercessione della Vergine.

Questo fatto viene fedelmente narrato da Fra Marsilio Verardo Minore Conventuale da Mesagna in un piccolo libro, ed afferma avere il tutto inteso raccontare da Fra Cornelio Verardo suo Zio del medesimo Ordine, il quale, essendo in quel tempo in età di diciotto anni, vidde, ed osservò quanto ſin’ora si è qui narrato. Ne fà anche menzione il sopracitato Cataldo Antonio Mandarino nella descrizione di Mesagna; lo conferma il citato Epifanio Ferdinando dove sopra, e la continuata tradizione da Padre à Figlio, come per ultimo l’accennata Iscrizzione ò Antifona. E perché ora vi abitano in comodo Convento i Padri Celestini, non sarà fuor di proposito brevemente accennare, come ivi si portassero dalla loro antica Casa non molto indi lontana.

Abitavano quelli Religiosissimi Padri anticamente in un cantone di detta Terra, ed in quel luogo appunto, che era attaccato alle mura di quella, ove oggi sono le Case del Dottor Fisico Francesco Valentino Rini. Era ivi la loro Chiesa assai bella, e di mediocre grandezza (oggi senza tetto), ed abbandonata dedicata all’Apostolo S. Bartolomeo (Nota: attuale Piazzetta Rini; per maggiori notizie consultare: L. Casati – «I vicinati della Terra di Mesagne tra il XVI e XVIII secolo» – Collana del Museo del Territorio “Ugo Granafei” di Mesagne – Edizioni Grifo 2015; Dal piazzale della SS.ma Annunziata si vede la cosiddetta “Torre dei Preti” del vecchio convento). Ma ò per che patissero qualche incomodo à noi non venuto à notizia, ò per altra ragionevole cagione, disposero trasferirsi ad altro luogo à loro più confacevole: che però ferono istanza à D Vincenzo Pagano di Napoli, che ne godeva il titolo di Abbate con semplice Beneficio, acciocchè loro concedesse la Chiesa di S. Maria della Sanità, promettendo ampliarne il culto con fabbricarvi un Monistiero. Non dispiacque a quello la loro domanda, ed avendone il Reverendissimo Don Celso Americo Romano Abbate Generale di quell’Ordine ottenuto l’assenso Apostolico, ne fù fatta la cessione, e consignata à detti Padri la Chiesa alli 28. di Febbraio 1618 per mezo di Notajo pubblico.

Fabbricato in breve tempo il nuovo Monistero accanto alla detta Chiesa, vi si trasferirono, e con molta esemplarità vissero sotto il governo d’un Priore fino all’ anno 1636, nel qual tempo, per memoriale spedito dall’Eminentissimo Cardinale di Savoja loro Protettore, ottennero licenza di erigere il detto Monistero al titolo di Abbadia, ed il primo di Agosto del detto anno ne prese il possesso come primo Abbate il Padre Don Pietro di Taranto. Ma perche la prima Chiesa, come fabbricata all’infretta, e grossolanamente minacciava rovina, il Padre Don Gregorio di Lecce Abbate di detto luogo quarant’anni addietro, la fè smantellare, inalzando un nuovo Tempio, ed è quello che ora si vede, ed usando tutte le opportune diligenze, acciocchè restasse intiera la santa, e miracolosa Effigie della Vergine, accomodovvi il suddetto Quadro come prima; onde è permesso al Popolo divoto di venerare la loro Sovrana Benefattrice, nè il lungo spazio degli anni hà raffreddato in essi l’affetto verso la Madre di pietà che corrisponde con altrettante grazie alla loro non morta Fede. Dirò dunque con S. Bernardo (Sup. Salve Regina) “Convenienter vocatur Regina Misericordiae quod divinae pietatis abjssum, cui vult, & quando vult quomodo vult creditur aperire”.

Estratta da Relazione dell’Arcivescovo come sopra.

Nota aggiuntiva: In questa relazione abbiamo letto che nel 1528 alla fine della pestilenza “quel popolo … colle offerte limosine ingrandì ben presto la Chiesa con nuova fabbrica, coprendola per allora colle tavole medesime, le quali erano già preparate per li letti nuzziali delle suddette fanciulle”;

Interessante sapere che di quelle travi si parla in occasione della Visita Pastorale del 1606 che l’8 agosto, per indisposizione dell’Arcivescovo Giovanni Falces, fu continuata dal vicario generale e furono visitate le chiese poste fuori le mura. La chiesa di Santa Maria in Bethlehein, della mensa arcivescovile, aveva per cappellano beneficiato don Vincenzo Pagano di Napoli e fu trovata aperta e rovinata nel tetto. Nei decreti l’arcivescovo ordinava di togliere le vecchie travi e di metterle a disposizione dei mastri carpentieri della nuova chiesa in costruzione di Mater Domini: fuit per illustrissimum dominum provisum quod infra biduum extrahaentur trabea alias applìcentur fabrice Mater Domini et adaptetur tectum infra mensem. (Luigi Greco – Mesagne in età barocca – Vol III)

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